L’Uomo Gatto

Grazie alla Fonte: milano_scomparsa_o_quasi

Nei mesi tra l’agosto e l’ottobre del 1895, nel palazzo di corso Garibaldi, all’allora civico 104, scoppiò il caso dell’Uomo Gatto, mistero giornalistico e di ordine pubblico.
Tutto il quartiere del corso entrò in fibrillazione il 13 agosto, quando si diffuse la notizia di un uomo che a notte tarda passeggiava sui tetti delle case, entrando e uscendo dagli abbaini e dalle finestre delle scale comuni, arrampicandosi da un balcone all’altro e scomparendo nel buio della notte.
Il civico 104 era formato da tre corpi di fabbrica posti a forma di U, col lato verso il corso di soli quattro piani fuori terra, mentre gli altri due erano di cinque piani; la grande corte interna era chiusa da un muro perimetrale della fabbrica farmaceutica Carlo Erba che aveva l’accesso da via Marsala.
La massaia Teresa Casati uscì sul balcone a tarda ora per prendere una boccata d’aria, in quella afosa notte agostana. Dal piccolo balconcino rivolto verso la corte interna e all’angolo tra il corpo basso una delle due ali laterali, si mise a guardare il cielo stellato. Mentre osservava il cielo notò qualcosa di strano, un qualcosa che “non doveva esserci”, un qualcosa di anomalo. Aguzzando la vista e adattandosi all’oscurità vide che sul balconcino a fianco al suo, ritta sulla ringhiera, con le spalle al muro, c’era una figura che pareva una statua, talmente era immobile.
Teresa fece un passo verso il lato sinistro del suo terrazzino, per cercare di capire cosa diavolo avesse messo la sciora Maria, l’odiata vicina di casa, sul balconcino…
Ma proprio in quel momento la statua prese vita e nel silenzio assoluto fece un balzo sino al terrazzino di fronte, nell’angolo del cortile, poi si arrampicò sui due terrazzini soprastanti, uso il pluviale di rame come una pertica e sparì sul tetto.
La sciora Teresa fu talmente sorpresa da non riuscire nemmeno a urlare, rimase impietrita sul terrazzino e solo quando l’ombra sparì sul tetto si girò e corse in casa, chiudendo le imposte e le finestre!

La Teresa corse nella camera dove dormiva il fratello Gaetano, un omone che lavorava per i bechee del quartiere, spostando quarti di bue da una macelleria all’altra.
Il Gaetano prese una mazza in legno, accese un lume e aprì le finestre ma non vide nessuno. Quasi convinto che la sorella avesse le traveggole, rientrò in casa, spense il lume e proprio in quel momento il soffitto sopra di loro ebbe un lievissimo tremolio. Sopra di loro c’era un assito in legno che faceva anche da pavimento per il soprastante solaio comune, da cui si accedeva solo dagli abbaini o da una botola posta nella scala comune.
Della polvere di legno cadeva nella stanza dove si trovavano la Terese e il Gaetano, che osservavano spaventati il soffitto. Percepivano, nel silenzio assoluto, i passi di un uomo a piedi nudi, talmente era “leggero” e le lievissime oscillazioni delle assi in legno.
Nessuno dei due riuscì ovviamente a dormire e appena il sole sorse, corsero giù dalle scale per parlare col portinaio. Lì trovarono una piccola folla di vicini di casa e di abitanti del palazzo al civico 111, i dirimpettai oltre il corso e tutti parlavano di quell’Uomo Gatto, un Uomo Ombra, che saltava da un tetto all’altro, da un balcone a un altro, salive e scendeva dai pluviali nel buio assoluto.
Una delegazione andò a parlare con le vicine Guardie del Dazio, a Porta Garibaldi, ma queste dissero di non aver visto o sentito nulla. Scoraggiati andarono da un vicino ferramento e comprarono chiavistelli, sbarre in ferro e nuove serrature. L’intera giornata vide gli abitanti del caseggiato rinforzare le imposte, porre nuovi chiavistelli, sbarre alle finestre e infine giunse anche il scior Molteni, il proprietario dell’intero fabbricato, che fece montare da alcuni operai delle sbarre alle finestre degli abbaini sul solaio.
All’arrivo del buio, al civico 104, tutte le finestre vennero chiuse, come pure le imposte e le porte delle case, che di solito erano spalancate, visto il tremendo caldo di quell’estate.
Nessuno però dormiva, tutti vigili, sperando che l’Uomo Gatto non apparisse… ma invece, verso le quattro del mattino, ecco dei rumori lievissimi di passi sul tetto…

L’Uomo Gatto non venne visto da nessuno, ma i suoi passi sul tetto e nel solaio, furono sentiti da molti inquilini. Non vennero segnalati furti e nemmeno violazioni di domicilio. La notte seguente le cose si ripeterono in modo uguale e poi ancora e ancora, per una decina di giorni.
Gli abitanti del palazzo erano ormai terrorizzati dall’Uomo Gatto, che era anche chiamato l’Uomo di Cattivo Augurio.
Tra tutti gli inquilini, uno solo non si era fatto prendere dal panico, il farmacista Pietro Bassano, forte del fatto che avesse un porto d’armi e una gran pistola sotto il cuscino. L’uomo dormiva sempre con le finestre spalancate e non perse mai l’abitudine nemmeno con la comparsa dell’Uomo Gatto.
Una notte il Bassano uscì sul terrazzino che dava sul cortile interno per fumarsi una sigaretta e nel buio, improvvisamente vide l’ombra di un uomo camminare sul tetto. L’Uomo Gatto, con tutta tranquillità, si sedette sui coppi, nei pressi una tettoia in vetro sulle scale comuni e rimase immobile.
Il farmacista prese così la pistola, la puntò verso l’ombra e urlò di andarsene e non tornare mai più. L’Uomo Gatto scattò in piedi, tramite la grondaia e dei pluviali scese sino al muro di cinta della Carlo Erba e scomparve nella notte.
Fu poi proprio il Bassano ad andare in Questura il mattino dopo. Con l’arrivo delle guardia l’intero quartiere di Porta Garibaldi entrò in fibrillazione. Le comari fuori dai portoni o davanti ai negozi non facevano altro che parlare dell’Uomo Gatto e in brevissimo tempo le gesta dell’uomo misterioso assursero a vere e proprie leggende metropolitane.
L’Uomo Gatto aveva svaligiato decine di appartamenti, l’Uomo Gatto aveva violentato donne, anziane, giovani, bambini, l’Uomo Gatto aveva rapito dei neonati, l’Uomo Gatto aveva occhi gialli e vedeva nel buio ed era ricoperto da una pelliccia nera…
Le guardie della Questura si appostarono dentro il solaio del condominio, mentre la Carlo Erba assunse quattro poliziotti privati per fargli fare delle ronde lungo il muro perimetrale.
Ciò nonostante gli avvistamenti dell’Uomo Gatto sui tetti del civico 104 continuarono per oltre un mese e mezzo…

Nella notte del 30 settembre il Questore di Milano decise di risolvere il caso una volta per tutte. Mandò tre gruppi di quattro agenti sui solai delle tre ali del palazzo, lasciando aperti tutti gli abbaini sul tetto. Contemporaneamente fece disporre le guardie private della Carlo Erba sul tetto della fabbrica, tranne una, Antonio Negroni, che venne posto sulla terrazza più alta della fabbrica, da cui si dominava l’intero quartiere.
E fu proprio il Negroni, intorno alle 22, a vedere un’ombra uscire da un abbaino di un appartamento del civico 104 e scivolare come un gatto sul tetto. L’ombra poi entrò nell’abbaino a fianco scomparendo.
Il Negroni disse tra sé e sé: “Ghe sem!” e poi corse giù dalle scale della fabbrica come un matto; giunto nella casetta del custode, Giuseppe Albini, lo avvisò della presenza dell’Uomo Gatto e gli disse di andare ad avvisare i poliziotti e ad allertare gli abitanti del vicino palazzo.
Albini corse così nel corpo di guardia della fabbrica, dove si trovava un telefono e un fucile. Chiamò la Questura e poi telefonò al cavalier Cappa, già Maggiore delle Guardie di Polizia e da un paio di anni capo della sicurezza della Carlo Erba; poi, imbracciando il fucile, corse dai quattro poliziotti privati e disse loro di seguirlo verso il civico 104. Il Negroni tornò invece sulla terrazza.
Il Cappa, armato, abitava nella vicina via Solferino e arrivò in cinque minuti davanti al portone del condominio. Lì incontrò l’Albini e i quattro poliziotti privati, tutti armati e senza timore iniziarono a correre su per le scale, verso il solaio.
Aprirono, quasi sfondandola, la porta del solaio e con in mano le torce ad acetilene e pistole e fucili… vi trovarono tre agenti di Polizia in borghese, con in mano le pistole d’ordinanza.
Fu quasi sfiorata la tragedia, quando i due gruppi si stavano per sparare; fortunatamente un agente riconobbe il suo vecchio ufficiale, il Cappa, e il dramma fu evitato.

Il cavalier Cappa disse che un loro uomo aveva visto un ombra uscire sul tetto, ma gli agenti di polizia spiegarono che si trattava di uno di loro che era uscito in perlustrazione, per controllare gli altri due tetti e il cortile.
Proprio in quel momento comparvero nel solaio altri cinque agenti armati sino ai denti, mandati dalla Questura Centrale di piazza San Fedele, dopo la chiamata dell’Albini…
L’Uomo Gatto, per la prima volta dopo un mese e mezzo, non si fece vedere…
La Questura decise comunque di interrogare tutti gli abitanti del palazzo, uno ad uno e la maggior parte dei residenti indicò un uomo, “affettuosamente” chiamato lo “scemo del quarto piano”, che viveva nel sottotetto dell’ala di sinistra del condominio, quasi al confine con la Carlo Erba. L’uomo, un quarantenne affetto da demenza, viveva con un’anziana madre che lo manteneva. In realtà nessuno lo vedeva da anni, se non in rarissime occasioni, un uomo magrissimo, quasi scheletrico, che appariva ogni tanto alla finestra.
Tra i poliziotti si fece avanti l’idea che l’uomo, dopo anni di clausura, volesse solo vedere il mondo di fuori, magari osservando semplicemente le stelle di notte, seduto sul tetto del palazzo.
In ogni caso non c’erano prove, l’uomo, interrogato, si mostrò totalmente incapace di comunicare e la madre disse che non sapeva nulla e non aveva mai visto niente.
Dal 30 settembre, in ogni caso, l’Uomo Gatto scomparve del tutto, senza mai più apparire.
Il 3 ottobre giunse però in Questura una lettera della Società Kardekiana di Milano, emanazione della Scuola di Teofisica Allan Kardek di Parigi, un noto spiritista morto decenni prima, tanto di moda in quegli anni di fine secolo.
Gli spiritisti meneghini dissero di aver scoperto che “L’Uomo Gatto di Porta Garibaldi non è un uomo, ma uno spirito. La causa di questo suo procedere deriva dall’essere egli continuamente maledetto da una persona di cui non possiamo rivelare il nome. Questo spirito non si manifesterà più.”

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