Bio
Aldo Cibic è nato a Schio, in provincia Vicenza nel 1955, e ha sviluppato rapidamente un interesse autodiretto per il mondo del design. Nel 1981, in qualità di socio in Sottsass Associati, è stato membro fondatore di Memphis, un collettivo di artisti che segnerà una transizione epocale nell’universo del design e dell’architettura. Per vocazione e inclinazione un innovatore, uno che non ha mai favorito etichette generiche né eccessi stilistici, Cibic ha adottato la “sperimentazione come prassi”. Alla fine degli anni ’80 fonda lo Studio Cibic e lancia “Standard” (1991), la sua prima collezione autoprodotta. Allo stesso tempo è diventato insegnante alla Domus Academy e ha avviato attività di ricerca con varie scuole, sviluppando al contempo le sue idee sul “design dei servizi”. I suoi progetti, come “The Solid Side” (1995) e “New Stories New Design” (2002), hanno favorito una relazione dinamica tra le persone e lo spazio e hanno offerto una nuova modalità di progettazione di luoghi basati sulle interazioni sociali. Ha continuato su questa linea negli anni successivi con “Microrealities” (2004) e “Rethinking Happiness” (2010). Entrambi sono stati presentati alla Biennale di Architettura di Venezia, e entrambi inventano narrazioni contemporanee volte a moltiplicare le opportunità di incontri, scambi e condivisione nella vita della comunità. Nel 1989 ha fondato Cibic & Partners e, nel 2010, il Cibicworkshop, non solo uno studio di design ma anche un centro di ricerca multidisciplinare, ha iniziato a concentrarsi maggiormente su tipi di progetti sostenibili alternativi volti a valorizzare intere aree locali e definire nuove culture, consapevolezza emotiva e ambientale dello spazio pubblico. Aldo Cibic insegna al Politecnico di Milano, allo IUAV di Venezia e alla Domus Academy; è inoltre professore onorario all’Università Tongji di Shanghai.
Interview
“Brera è una cittadina nella città, dove ci sono degli scorci della vecchia Milano in cui vi si trovano ancora piccole realtà artigianali che convivono naturalmente con le realtà più diverse tipiche della Milano metropoli d’avanguardia”.
Forse la mia opinione su Brera è un po’ di parte in quanto è da quando sono venuto a lavorare a Milano, alla fine degli anni ’70, che ho sempre avuto casa e studio in questa zona.
Mi posso, per questo motivo, considerare a tutti gli effetti un testimone di come in questi anni questa parte della città si sia modificata, e perché mi piace ancora stare qui.
Di fatto è una cittadina nella città, dove ci sono degli scorci della vecchia Milano in cui vi si trovano ancora piccole realtà artigianali che convivono naturalmente con le realtà più diverse tipiche della Milano metropoli d’avanguardia. Gli showroom del design, i negozi di modernariato, quelli di moda, i ristoranti più nuovi e simpatici, i bar, le panetterie, i negozi di alimentari, il chiosco dei giornali più internazionale di Milano e, fino a poco tempo fa, la sede del Corriere della Sera, fanno della zona Brera un luogo in cui la vita di quartiere si arricchisce della vita di chi viene da fuori producendo, grazie z questa varietà, un’energia tutta speciale di grande qualità ed una sorta di “Milano style” e ”Made in Italy” concentrati nello stesso posto.
L’aver deciso di formalizzare la zona nel Distretto – Brera Design District- la trovo un’operazione che definisce più chiaramente una polarità e le sue caratteristiche, che oltre al fatto specifico relativo al design, porta avanti un processo virtuoso di valorizzazione della città per cui chi vive e chi lavora nel “Brera district” percepisce un maggiore senso di appartenenza e ha tutti i motivi per innalzare continuamente la qualità del quartiere e dell’offerta.